Angelo Gaja e gli insegnamenti del caso Brunello di Montalcino

Si scaldano i motori in vista del prossimo incontro - 18 gennaio 2009 - tra Angelo Gaja e alcuni blogger? Mi riferisco all'invito cortesemente propagato lo scorso agosto dal produttore piemontese di Langhe DOC, Barbaresco, ma anche Bolgheri e Brunello di Montalcino.
In vista di quella chiacchierata a corte, Gaja ci fa pervenire una sua riflessione sugli insegnamenti che il "caso Brunello di Montalcino" proporrebbe agli operatori del vino italiani.

La riflessione verte sull'impatto che il nuovo schema dei controlli imposto dalla Procura di Siena (analisi effettuate dal laboratorio Enosis di Donato Lanati) potrebbe avere sull'intero mercato. Interessante punto di vista. Sull'argomento controlli, Aristide è convinto che soprattutto la costituzione di una banca dati sugli antociani di Sangiovese (leggi qui) sia un ottimo passo avanti. Un intervento di tipo strutturale, che porterà vantaggi sotto molti punti di vista. Il mondo del vino è già un settore iper-regolamentato, al vino italiano non mancano le leggi, i controlli, le disposizioni e gli apparati burocratici. E nonostante ciò, le truffe commerciali e le sofisticazioni non mancano. Ciò che manca al mondo del vino italiano è la cultura del rispetto del mercato e dei consumatori.

Di seguito, potete leggere il testo dell'intervento di Angelo Gaja.

COSA INSEGNA IL CASO BRUNELLO DI MONTALCINO
 
A differenza della Francia, l’Italia prescrive in tutti i disciplinari dei vini a DOC e DOCG percentuali di impiego delle varietà di uva autorizzate alla loro produzione. Al fine di contrastare la violazione di detta norma, e quindi di contrastare la frode commerciale, vi è tutto uno schieramento di provvedimenti che nel tempo si sono dimostrati di scarsa efficacia: analisi del vino nel corso del processo di maturazione in botte, degustazione organolettica, controlli da eseguire su di una pletora di registri, applicazione sulla bottiglia di contrassegni di stato o di sigilli di garanzia...
Nell’indagine in corso a Montalcino la Procura di Siena riconosce valido il metodo di analisi messo a punto dal laboratorio Enosis di Donato Lanati che è in grado di accertare nei vini, posti sotto sequestro, la presenza di altre varietà anziché del 100% di Sangiovese. Non era mai avvenuto prima che questo tipo di analisi venisse utilizzato dagli organi di controllo al fine di accertare la corrispondenza varietale di un vino a quanto prescritto dal disciplinare di produzione. La stessa analisi può anche essere estesa ad accertare che nei vini a DOC ed a DOCG, ove si contempli l’impiego del 15% di altre varietà, la percentuale non venga abusivamente dilatata. L’applicazione su larga scala del metodo di analisi dinanzi citato introdurrebbe non poche novità: gli imbottigliatori, prima di perfezionare l’acquisto all’ingrosso di un vino, avrebbero la possibilità di verificarne la corrispondenza al disciplinare di produzione; verrebbe semplificato e migliorato il farraginoso sistema di controllo in atto per i vini a DOC e DOCG; diverrebbe finalmente possibile eseguire i controlli a valle, e cioè su campioni di bottiglie prelevate direttamente dal mercato, anziché continuare eternamente a chiedersi come diavolo facciano bottiglie di Chianti, di Barbera Piemonte, di Nero d’Avola... ad essere vendute al pubblico a prezzi indecentemente bassi.
C’è però anche l’altra faccia della medaglia a creare preoccupazione: che nascano arbitrarietà oppure esploda il contenzioso tra organi di controllo e produttori; che crescano le pressioni per ottenere la modifica di disciplinari ritenuti troppo rigidi mentre l’autorità competente per la loro approvazione sarà nel frattempo trasferita a Bruxelles; che cresca la disaffezione per i vini a DOC e DOCG in favore di vini a marchio aziendale; che il metodo di analisi riconosciuto in Italia venga adottato anche da laboratori esteri al fine di verificare la corrispondenza ai rispettivi disciplinari di produzione di vini italiani importati nei loro Paesi.
Un fatto è certo: con il precedente della Procura di Siena, per i vini italiani a DOC e DOCG non può più essere tutto come prima. Occorre che i produttori ne prendano coscienza accogliendo positivamente il salto di qualità (e di prezzo) da compiere, ritrovando coesione ed unità di intenti e contribuendo ad ispirare i cambiamenti che si renderanno necessari.    
 
Angelo Gaja
7 Gennaio 2009

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