“Convenzionali” vs. “”naturali”, confronto a Monteforte d'Alpone

Si riparte da Monteforte d’Alpone (VR), terra colpita dalla recente alluvione, ricca di vino e di voglia di ripartire. Alla grande.

Infatti, qui registriamo un piccolo evento, potrebbe avere una portata storica. Se metterete un circoletto rosso sulla data del 14 gennaio 2011, servirà a ricordarvi il giorno nel quale “loro si sono incontrati”, annusati, ascoltati, forse capiti e chissà se qualche sano dubbio avrà trovato spazio per attecchire nelle menti di molti.

Di chi sto parlando? Ma degli alfieri del vino “convenzionale” e i sostenitori della missione “naturale” su questa terra.

L’idea di radunare cotali persone nella stessa sala è venuta a Luigino Bertolazzi, “vescovo” dell’Assoenologi del Veneto Occidentale, sponsor officianti e attenti osservatori Stefano Albrigi (Albrigi Tecnologie) e Francesco Bergaglio (Enartis).

Di fronte, Ruggero Mazzilli, responsabile della Stazione Sperimentale per la Viticoltura Sostenibile, e Angiolino Maule, vignaiolo ne La Biancara e presidente dell’associazione VinNatur. Moderatore Fabio Piccoli, giornalista enogastronomico. Titolo del pomeriggio: “Viticoltura sostenibile, dal biologico al biodinamico. Moda o futuro prossimo?”.

Poteva sembrare un azzardo, ma così non è stato.

A Fabio Piccoli il compito di inquadrare il “fenomeno”. Rileva che stanno cadendo molti steccati, i confini “bio-” sono sempre meno “ideologici”. Osserva che la viticoltura sostenibile è un viatico per la definizione di identità e, quindi, diversità. Le diversità sono un valore, è questo è senz’altro il mantra preferito di Piccoli, nonché di Aristide, in questo periodo. Quasi 44 mila le aziende vitivinicole biologiche in Italia (27 mila certificate, oltre 16 mila in conversione), la maggior parte collocate nel nostro meridione. La superficie dei vigneti arriva a oltre 44 mila ettari nel 2001 (erano 3.759 nel 1994), poi la stasi, provocata dalla fine dei contributi dei piani di sviluppo rurale.

Sul biodinamico non esistono dati ufficiali. Si stimano circa 500 aziende che si rifanno a quell'universo, per un equivalente di circa 3 mila ettari vitati.

Esiste un problema “linguistico” sulla definizione “vini naturali”, segnala Piccoli (Aristide non si sente più solo). La diversità è utile quando è percepita, è spendibile quando è certificata, acquisisce valore quando è comunicata, sostenuta dalla ricerca, ed è un valore quando c’è trasparenza. Amen.

Impossibile sintetizzare l’intervento di Ruggero Mazzilli, ricco di spunti agronomici di grande interesse, frutto di un’esperienza di “viticoltura sostenibile e applicata” tramite la conversione di 30 aziende agricole in quel di Panzano in Chianti. Ma ecco qualche perla:

  • La chimica offre soluzioni nel breve periodo, ma crea problemi nel medio termine. Il biologico ha problemi nel breve periodo, ma garantisce soluzioni nel medio termine.
  • Il principio della dualità si fonda su suolo (impulso energetico) e clima (intensità delle espressioni dei suoli). L’obiettivo è quello di realizzare un equilibrio auto-regolato in grado di consentire alla pianta di gestire al meglio i suoi compiti in un regime di minacce e opportunità.
  • La conversione alla viticoltura sostenibile si fonda sul passaggio dal modello N-P-K (azoto, potassio, fosforo) a quello fondato su C-H-O (carbonio, idrogeno, ossigeno).
  • Nel suolo abbiamo bisogno di ricchezza di variabilità e di “abitanti”, piuttosto che abbondante e artificiale abbondanza di nutrimento. Nel suolo povero la pianta investe sulla radice, la ramifica di più, rallenta la diffusione della linfa, riduce lo sviluppo vegetativo e fa grappoli più piccoli, ma di maggiore qualità. Nel suolo fertile la pianta investe sulla foglia, incentiva lo sviluppo vegetativo, ingrossa i grappoli e riduce la qualità. Insomma, meno vigoria, meno costi.
  • Quindi, un requisito della qualità è un regime viticolo a basse impiego energetico e alte prestazioni. Meno input e migliore output.
  • L’inerbimento è un importante strumento enologico (brusio in sala...). Inerbire i suoli vuol dire creare una convivenza tra specie diverse. Si parla della pratica dello sciovescio di graminacee su file alterne tra le vigne con inerbimento spontaneo. In estate si secca, non compete con la vite, fornisce umidità al suolo. E’ un pannello solare in inverno e climatizzatore in estate.
  • Alta densità degli impianti: piante piccole, poco produttive e poco esigenti. Meno costi e più qualità.

Sintesi delle sintesi: la ricerca dell’equilibrio si fa tramite inerbimento, densità, foglie e vigoria contenute, presenza di vita animale.

A questo punto dello storico pomeriggio, si conferma in Aristide la convinzione che è in campagna che i "naturali" hanno chances credibili, oltre ché un legame concreto a molte esperienze tecniche e scientifiche. Qui non ci si sottrae al metodo di indagine scientifica, gli sperimentatori sono spesso validi e preparati tecnici di settore.

Dove le cose si fanno più incerte è quando il vignaiolo torna in cantina. Qui gli enologi "convenzionali" si sentono forti, i "naturali" stanno affrontando un difficile guado tra superstizione e sperimentazione scientifica, tra le dicerie del nonno davanti al camino e i moderni protocolli di laboratorio. Spetta ad Angiolino Maule il compito più difficile di quel pomeriggio. Lui che è un auto-didatta curioso e vivace - “Il vino ideale che vorrei farei ancora non esiste in bottiglia" - lui che per primo in Italia sta tentando da anni di costruire basi tecniche e supporto scientifico al movimento dei cosiddetti "vini naturali". Interessanti, come sempre, le sue provocazioni:

  • Il vino di terroir è un concetto molto moderno e di grandi prospettive;
  • il biologico odierno è un vero professionista, non ha più l’immagine dell’intellettuale di sinistra, col maglione bucato, ecc.;
  • sulle certificazioni, da molti invocate: “Ho lavorato con certificatori che non ho mai visto in azienda” ...ehm. Insomma, non crede nella capacità delle istituzioni di garantire la qualità della certificazione, ma solo un meccanismo di auto-regolazione e trasparenza.
  • Odio zolfo e rame”, buona parte dello zolfo è uno scarto della lavorazione del petrolio.

Molta enfasi, infine, Maule pone sui controlli interni a VinNatur (115 aziende aderenti). E' stata avviata un'attività di controllo periodica sui residui di pesticidi e la quantità di solforosa: nell’ultimo anno, 15 aziende erano fuori soglia per i pesticidi. Hanno ricevuto un "ultimo avviso", la convergenza "bio" ha i suoi costi.

Il dibattito a seguire non è stato polemico, a parte qualche battuta su zolfo e solforosa, dove Maule ha precisato di non essere pregiudizialmente contro l'uso di solforosa in quantità modiche. Aristide, grazie a un'assist di Maria Grazia Melegari [blog: Soavemente...], ha avuto persino l'opportunità di precisare cosa pensa sulla definizione "vini naturali".

In conclusione, toni poco ideologici, nessun richiamo esoterico tipico delle convention biodinamiche, mi è sembrato di cogliere una generale voglia di ascoltare e comprendere. Mi sembra, questa, una buona notizia.

Il sostantivo "spumante" è morto?

Aristide compie oggi 6 anni