Archeo-vini: il Vino Nuragico

Archeo-vini: il Vino Nuragico

Tonino Arcadu con in mano una riproduzione moderna di un askos, in questo caso contenente il Vino Nuragico presentato al Vinitaly

Tonino Arcadu con in mano una riproduzione moderna di un askos, in questo caso contenente il Vino Nuragico presentato al Vinitaly

Torno sull'argomento "archeo-vini" per raccontarvi di un duplice incontro avvenuto durante lo scorso Vinitaly: l'incontro con Tonino Arcadu e il "Vino Nuragico". No, è inutile cercare traccia di questo piccolo "tesoro" sui main stream media che si sono occupati del Vinitaly: troppo impegnati a fare i gazzettieri nel raccontarci l'ufficialità dell'evento, o ad inseguire esponenti del cosiddetto "show business" (veline e attricette TV, calciatori, ecc.), tutti illuminati sulla strada del vino qualsiasi.

Invece, senza nemmeno uscire dal Vinitaly e andar per ville venete e bio-eventi, è bastata un minimo di intelligence e fortuna, per incappare nella notizia di un vino vero. Già al Vinitaly del 2006 si tenne un convegno, nel quale si annunciò che la storia della presenza della vite nel bacino mediterraneo andava forse riscritta. Oggi, Tonino Arcadu ha presentato la diretta conseguenza di quell'annuncio: la prima vinificazione di uve di vite selvatica (vitis vinifera silvestris) in un vino chiamato Vino Nuragico, del quale ci parla nel video in fondo al post.

In collaborazione con il Centro Regionale Agrario Sperimentale di Cagliari, Tonino Arcadu ha vendemmiato, pigiato e vinificato poche decine di chili di uve di vite selvatica, diretta parente delle varietà che i ricercatori pensano di avere individuato in una serie di ricerche archeologiche condotte a termine negli ultimi anni in Sardegna.

Secondo i risultati di queste ricerche ed i ritrovamenti presso rovine nuragiche e siti archeologici di grande importanza, la vite era presente in Sardegna ed era coltivata per produrre vino sin dalla metà del II millennio a.C., tra il XV e XIV sec. a.C. Non sarebbe dunque arrivata grazie ai commerci dei Fenici, ma essi "potrebbero teoricamente avere introdotto nuove varietà di vite, ma le varietà locali non sono state sostituite da queste", così afferma l'archeo-botanica Corrie Bakels dell'Università di Leiden, Olanda. A questo proposito occorre tenere presente che la colonizzazione fenicia della Sardegna inizia nel IX sec. a.C. Quindi la presenza del vino sull'isola sarda è assai precedente.

Askos bronzeo, il contenitore vinario di età nuragica (1000-900 a.C.), rinvenuto ad Oliena e conservato al Museo Nazionale Archeologico di Nuoro.

Askos bronzeo, il contenitore vinario di età nuragica (1000-900 a.C.), rinvenuto ad Oliena e conservato al Museo Nazionale Archeologico di Nuoro.

Secondo gli studiosi, l'addomesticazione della vitis vinifera silvetris (ampiamente diffusa in tutto il territorio sardo) era già in fase avanzata sull'isola. Gli archeologi hanno rinvenuto numerose tracce: vinaccioli carbonizzati, resti di vino fossilizzato nei contenitori (poi datati con il Carbonio14) e, soprattutto i numerosi contenitori "da vino", le "brocche askoidi" o "askos" (foto qui a fianco), di tipica produzione sarda, in ceramica o bronzo, poi diffusesi sul territorio del continente e nella civiltà etrusca.

Per chi dovesse trovarsi dalle parti di Oliena, non manchi di fare una visita alla cantina Gostolai e a Tonino Arcadu. Oltre al Vino Nuragico, semmai ne fosse rimasta qualche goccia, potrete assaggiare i quattro vini DOC e sei vini IGT, prodotti con uve in parte dell'azienda e in parte acquisite da alcuni viticoltori Olianesi. Ad Aristide sono piaciuti il Nepente di Oliena Cannonau di Sardegna DOC 2005, un vino esente dall'apporto di legno di rovere della versione Riserva, quindi a me più gradevole e fruttato; Su Gucciu Barbagia IGT 2005, un rosso dolce da uvaggio di Cannonau e Aleatico di uve stramature, perfetto per le meditazioni serali o per quei certi dolcetti secchi sardi o del nostro grande meridione.

E il Vino Nuragico da uve di vite selvatica? Purtroppo, la piccolissima quantità disponibile nell'askos di Arcadu e nel bicchiere non mi hanno consentito di degustarlo appieno. Mi è però rimasta una strana e interessante sensazione, sicuramente dettata dalla soggezione psicologica imposta dal rispetto verso un vino così antico, di un vino con un profumo certamente selvatico, di bosco, e un gusto rustico ma complesso. Insomma, la sensazione netta di qualcosa fuori dal comune, estraneo al comune senso del vino odierno, ma al tempo stesso assai ricco di complessità. Bastano come scuse, queste, per presentarsi quanto prima ad Oliena e richiederne un nuovo assaggio?

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Ed ecco la breve e simpatica dichiarazione che Tonino Arcadu ci ha voluto rilasciare in video:

 

[questo post è stato "restaurato" nel luglio del 2016].

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