Crisi dei prezzi delle uve: allarme o opportunità?

Uva2005_1Nell'attesa della vendemmia 2005, è notevole tra gli operatori la preoccupazione riguardo ai prezzi delle uve conferite dai viticoltori alle aziende di trasformazione. Mentre si invoca lo stato di crisi, Aristide nota che qualche segnale interessante arriva dal mondo dei viticoltori, in particolare dalla filiera produttiva dell'Asti Spumante e del Moscato d'Asti DOCG.
A seguito della protesta degli agricoltori di Puglia e Sicilia, tra le regioni che maggiormente producono uve per terzi, la UE, su richiesta del Governo Italiano, ha disposto la "distillazione di crisi" per 2 milioni di ettolitri di vino, equivalenti ad un contributo per i viticoltori di 45 milioni di euro. In pratica, il prodotto in eccedenza viene trasformato in alcool per usi alimentari e consumo, salvaguardando in parte il reddito dei produttori.

In sintesi, le cause della crisi del mercato delle uve risiedono in questi fattori:

  • una notevole eccedenza di vino del 2004 giace invenduta nelle cantine italiane;
  • molte aziende dedite al commercio e imbottigliamento sono progressivamente passate al lato della produzione di uve negli ultimi 10 anni. L'obiettivo di ottenere un maggiore controllo sulla qualità del prodotto in vigna era la principale motivazione. E' saltato così il tradizionale equilibrio tra conferitori di uva e commercianti/imbottigliatori.

Gli studi economici sui quali ci siamo attardati in gioventù, ci hanno insegnato che le distorsioni nelle dinamiche dei prezzi (verso l'alto così come verso il basso) sono sempre un segnale di inefficienza del mercato che forma quei prezzi.

Così come i prezzi dei vini di qualità medio-bassa sono troppo elevati al ristorante e persino in alcune enoteche, anche i prezzi troppo bassi pagati per le uve conferite alla trasformazione (vedere qui per qualche prima anticipazione) sono la spia di inefficienza del mercato. A nostro giudizio, le cause sono attribuibili all'eccessiva intermediazione di troppi (e inefficienti) canali di vendita tra il produttore ed il consumatore, nel primo caso, e ad uno squilibrio a sfavore dei viticoltori, nel secondo caso, determinato dai rapporti di forza tra le parti, oltre che da una qualità media delle uve inferiore a quella mediamente ottenuta dalle aziende che se la producono in tutto o in parte da sole.

Mentre si levano puntuali le voci degli industriali del vino (Gianni Zonin) per invocare, ieri: una riduzione dell'IVA sul vino, oggi: un "patto sociale" tra Governo, produttori, consumatori, per "...abbassare il peso fiscale, contenere i prezzi finali, sostenere i consumi, rilanciare l’immagine del vino su basi nuove...", Aristide ha scovato una notiziola piccola piccola che potrebbe avere effetti assai più profondi e duraturi della "concertazione Zoniniana".
Gli operatori della filiera produttiva dell'Asti Spumante e del Moscato d'Asti DOCG, sotto il patrocinio della Regione Piemonte, dopo lunghe trattative hanno siglato un accordo (definito da molti come "epocale") con l'obiettivo di tutelare il prezzo delle uve (e il reddito dei viticoltori) ed auto-finanziare una campagna di rilancio e promozione del prodotto. Questi i punti salienti dell'accordo:

  • limitazione della produzione di uva a rese per ettaro fino a un massimo di 70 quintali per ettaro;
  • l'adesione collettiva ad un codice comportamentale che vincola gli operatori al rispetto dei parametri produttivi e dei prezzi di conferimento delle uve (e li sanziona se non li rispettano);
  • parte del reddito "salvaguardato" dall'accordo verrà destinato da viticoltori, case spumantiere e imbottigliatori, alla creazione e alimentazione di un fondo finanziario dotato di "(...) una prima tranche di 3,9 milioni di euro che dovrebbe salire nel quadriennio, con i contributi vendemmiali, a 24,5 milioni. A questi dovrebbero aggiungersi finanziamenti per 15,5 milioni destinati al progetto Asti Spumante dai ministeri delle Attività Produttive e dell’Agricoltura. Con modalità di contribuzione analoghe verrà costituito un fondo  collettivo anche per la promozione del Moscato d’Asti Docg (...)".

Questo accordo intra-filiera ci sembra una notevole novità. I diversi rapporti di forza vengono riequilibrati sia all'interno della filiera, sia verso l'esterno inteso come distribuzione commerciale ed export. Un accordo su una dinamica dei prezzi che salvaguardi i viticoltori, è una ulteriore garanzia anche per noi consumatori, dovendosi riflettere in maggiore attenzione alla qualità. A ciò si aggiunge la generazione di parte delle risorse economiche destinate a quella brutta parola che si chiama marketing, a supporto promozionale dell'Asti Spumante e del Moscato d'Asti DOCG, attività della quale sarà parte responsabile il Consorzio dell'Asti.

Tracciare la qualità, online

Ne approfittiamo per segnalarvi che il Consorzio dell'Asti ha attivato un servizio online sulla tracciabilità del prodotto: chiunque di voi disponga di una bottiglia di Moscato d'Asti può verificare facilmente le informazioni relative al processo di produzione e le caratteristiche specifiche della bottiglia acquistata.

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